Grani antichi, lievitazioni e grandi formati: sapete come riconoscere il pane buono?

Ecco a cosa fare attenzione quando siete dal fornaio

Mangiare il pane è da millenni il doppio soddisfacimento di un’esigenza e di un piacere: un’abitudine sana se si riesce a riconoscere il buon pane, ovvero un prodotto artigianale di qualità, ricco di proprietà nutrizionali e di gusto. Il pane accompagna tutti i pasti della giornata, dalla colazione alla cena e come ogni alimento che portiamo in tavola, anch’esso per essere salutare deve essere rispettoso della biodiversità, dell’ambiente e della materia prima. Oggi il pane è più di un prodotto: è un patrimonio da tutelare e valorizzare, ma soprattutto da affidare a mani esperte che sappiano scegliere le farine migliori, impastare e gestire le lievitazioni.

“In un’epoca in cui tutti, dai fornai ai supermercati, dichiarano di saper fare il buon pane a lievitazione naturale, scegliere cosa servire in tavola è diventato molto più di una velleità! I consumatori sono i primi a dover imparare a riconoscere un buon pane: se lo fanno tutelano un bene agricolo e culturale, ma anche loro stessi”.

A parlare è Pasquale Polito, laureato in geografia ed esperto di cereali antichi, a capo insieme a Davide Sarti del Forno Brisa di Bologna, un collettivo di panificatori composto da ragazzi che si aggirano tra i 25 e i 35 anni. Pasquale, con un percorso fatto di esperienza e studio, appartiene alla new wave del pane, ovvero la nuova generazione di panificatori che oltre a realizzare un pane di filiera, ha come principale obiettivo quello di educare i consumatori nella scelta. Ecco i suoi consigli.

1. Il pane deve essere bello, profumato, prodotto in grande formato

I primi ad essere appagati, quando mangiamo, sono i sensi: un buon pane si riconosce anche dal profumo e dalla ricchezza dei suoi sapori, conservati al meglio nei grandi formati che mantengono il giusto grado di umidità e favoriscono la lunga conservazione del prodotto.

2. Crosta gommosa? No grazie!

Il buon pane lo si riconosce sotto i denti: “Meglio evitare quello con la crosta gommosa - spiegano i Breaders di Forno Brisa – potrebbe essere anche poco digeribile perché fatto con una farina con glutine molto forte. Il pane realizzato a partire da grani antichi, invece, è più leggero e digeribile grazie alla maglia glutinica debole”.

3. Lunga lievitazione? Un falso mito

Chi l’ha detto che la lievitazione, per essere di qualità, deve essere lunga? Il pane realizzato con grani antichi non richiede tempi particolarmente dilatati, poiché le proteine di questo tipo di farina hanno legami più blandi rispetto a quelli dei grani moderni. “Il nostro pane – spiega Pasquale Polito - è realizzato con pasta madre ed eseguiamo una fermentazione di massimo 4 ore: un tempo più lungo comprometterebbe la qualità del prodotto finito”.

4. Che colore ha la mollica?

Attenzione al pane con farina integrale: non tutti sono uguali. Molti pani integrali contengono foglie di crusca chiaramente visibili, segno che è stata utilizzata una farina industriale ricomposta, fatta con amido 00 e crusca. Pane integrale troppo marrone, invece, potrebbe essere spia di una colorazione effettuata con il malto. “Per ottenere una farina integra, la macinazione è fondamentale. Il mulino a pietra spreme lentamente il chicco e ne mescola gli elementi. Non sono eliminate sostanze nutritive, ma tramite setaccio, soltanto le fibre solubili non digeribili”.

5. Sapore leggermente acido

Il pane di qualità si riconosce per una nota acida che ne accompagna il sapore: merito della fermentazione del lievito madre, caratterizzato da un PH più basso rispetto al lievito di birra. Il risultato? Un pane gustoso, nutriente, molto più digeribile e in grado di durare più giorni.

6. Lista ingredienti corta

Per fare un buon pane non servono molti ingredienti: “Se lo acquistate presso la GDO, fatte attenzione all’etichetta: deve contenere solo acqua, farina, lievito madre e sale. Non serve altro. Se, invece, acquistate il pane direttamente dal fornaio, chiedete se la farina è biologica e da quale grano antico è ottenuta. È importante che la varietà di grano sia antica, meglio se autoctona e coltivata con pratiche agricole sostenibili: avrà glutine debole e di conseguenza il prodotto finale sarà più digeribile”.

7. Il valore de tempo: il vostro pane ha riposato dopo la cottura?

Agli ingredienti citati se ne aggiunge uno: il tempo. Per ottenere un risultato uniforme, il pane deve essere cotto in un forno in pietra con controllo dell’umidità e deve essere lasciato riposare almeno sei ore post cottura. “La pausa è un valore fondamentale per tutto il ciclo di vita del pane: si semina e si attende; si raccoglie il grano e si attende che asciughi e si stabilizzi; si macina e si attende; si impasta, si attende, si inforna, si attende ancora, e infine si mangia.” Conclude Pasquale Polito.

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Maggiori informazioni su Forno Brisa

Capitanato da Pasquale Polito e Davide Sarti, Brisa è molto più di un forno: è un progetto dedicato alla panificazione animato dal desiderio di restituire al pane la sua essenza di “prodotto alimentare”, in grado di far bene ai territori e alle persone.
Il Forno Brisa ha scelto Bologna come scenario in cui lavorare insieme a un team di ragazzi con un’età media di circa 29 anni, che panifica di giorno e non di notte e s’ispira al saper fare di agricoltori, mugnai, vignaioli e scienziati. I Brisa sono un miscuglio evolutivo, come il miscuglio di grani coltivato nei campi di proprietà a Nocciano, in Abruzzo. 
Sfornano quotidianamente pane di grandi formati, realizzato con lievito madre e farine di tipo 2 o integrali, macinate a pietra: ogni pagnotta racchiude una zolla di terra, buone pratiche agricole, molitorie e di lavorazione, oltre che relazioni umane sincere.
Nel 2020 Forno Brisa ha lanciato, sulla piattaforma di MamaCrowd, una campagna di equity crowdfunding da record in ambito food che ha raccolto 359 soci oltre a 1,2 milioni di euro di adesioni. 
È possibile acquistare i loro prodotti in store o sullo shop online: https://shop.fornobrisa.it.

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